In questo articolo ci addentriamo in un argomento molto delicato: bere vino fa bene o fa male? Da una parte c’è la storia, la tradizione e anche il piacere di bere un bel calice di vino, con il supporto positivo di alcuni nutrizionisti, dall’altro troviamo un gruppo sempre più numeroso della comunità medico-scientifica che afferma la tossicità alla salute di tale bevanda come di qualsiasi prodotto alcolico in generale. Da evidenziare che gli interessi di molti Paesi sono consistenti, in quanto la produzione di vino è una voce importante nell’economia del Paese produttore, con un peso non indifferente sulla propria bilancia commerciale. A ciò si aggiunge che il Parlamento europeo, probabilmente spinto dalla lobby dei produttori alcolici, ha di recente reintrodotto l’idea che un consumo moderato di alcol possa non essere nocivo, ovviamente tra le critiche sia della comunità oncologica che della maggioranza di quella cardiologica con recenti studi che invece hanno confermato che non esistono dosaggi sicuri neanche per il cuore.

Ma prima di proseguire, vediamo cosa contiene il vino…quello rosso, quello indicato da alcuni come “bevanda” che fa buon sangue”, se bevuta in quantità moderate. Il vino rosso è una bevanda che si ottiene per fermentazione alcolica del mosto d’uva. In pratica, il processo di produzione prevede la trasformazione degli zuccheri contenuti nell’uva in alcol e anidride carbonica, grazie alla presenza dei lieviti. Di conseguenza, le principali sostanze contenute nel vino, oltre all’acqua, sono l’alcol etilico (o etanolo) e gli zuccheri. In base alla tipologia di trattamento e al metodo di produzione, la percentuale di questi ingredienti può variare. Sono anche presenti, in quantità minore, tutta una serie di sostanze che contribuiscono al sapore, odore e colore. Stiamo parlando di molecole organiche naturalmente presenti nell’uva o che si sono formate durante il processo di fermentazione. In particolar modo, i polifenoli sono i principali responsabili del colore, sapore e sensazione di astringenza del vino rosso

La fermentazione alcolica

La convinzione che bere qualche bicchiere di vino o di birra sia un comportamento generalmente percepito come “non potenzialmente pericoloso” dal punto di vista sanitario, è piuttosto diffusa, nonostante che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) abbia classificato l’alcol come agente cancerogeno fin dal 1988, con un numero sempre maggiore di ricerche che hanno mostrato una chiara associazione tra alcol e numerose forme tumorali.

Eppure, stando ai risultati di alcune ricerche scientifiche, qualcuno potrebbe persino pensare di trarre da un consumo moderato di alcolici un vantaggio per la propria salute, in particolare per il cuore (Alcuni studi epidemiologici sembrerebbero dimostrare che il consumo moderato di vino sia associato a una diminuzione di mortalità per malattie cardiovascolari. Questo beneficio è attribuito alle sue capacità antiossidanti, all’effetto positivo sui lipidi e all’effetto antinfiammatorio). Tuttavia, i risultati di uno studio inglese pubblicati sulla rivista Clinical Nutrition mettono in luce come questa conclusione sia errata, per importanti inesattezze nel metodo di analisi. Sono numerosi gli studi scientifici in cui è stato valutato l’effetto dell’alcol sul cuore e sui vasi sanguigni. In alcuni, i ricercatori hanno analizzato il rischio di ictus, infarto o morte in relazione al numero di bevande alcoliche consumate ogni giorno trovando un andamento che ricorda una “J”, ovvero sembrerebbe che chi non beve avrebbe un livello di rischio cardiaco più alto di chi consuma quantità modeste di alcol. La conclusione non ha però mai veramente convinto gli esperti. I ricercatori dell’Anglia Ruskin University e dell’University College di Londra sono andati a questo proposito a esaminare il database dello UK Biobank Study. Si tratta di una raccolta di dati epidemiologici, iniziata nel 2006-2010, a cui partecipano su base volontaria mezzo milione di cittadini britannici. Nella parte di analisi focalizzata su alcol e rischio cardiovascolare, i ricercatori hanno preso in esame circa 350.000 partecipanti. Di questi, 333.000 avevano dichiarato di consumare alcol, in quantità e frequenza varie, mentre quasi 22.000 avevano invece detto di non avere mai assunto bevande alcoliche nemmeno saltuariamente. Ai partecipanti era stato chiesto quanto alcol consumavano settimanalmente, e di che tipo. In base alle risposte le persone che avevano dichiarato di assumere meno di 14 unità alcoliche alla settimana sono state inserite nella categoria di consumo moderato, mentre quelle che ne assumevano più di 14 unità nella categoria di consumo elevato. Un’unità alcolica (UA) corrisponde a 12 grammi di etanolo; una lattina di birra (330 ml), un bicchiere di vino (125 ml) e un bicchierino di liquore (40 ml) contengono mediamente un’unità alcolica ciascuno. Le linee guida raccomandano di non superare due unità alcoliche giornaliere per gli uomini e una unità alcolica per le donne. Una volta distinti i partecipanti, i ricercatori sono andati a vedere quanti ricoveri dovuti a eventi cardiovascolari c’erano stati nei due gruppi durante il periodo di osservazione di circa sette anni. “Rispetto ai bevitori, confermiamo che chi non ha mai fatto uso di bevande alcoliche sembra avere un rischio cardiovascolare più alto” scrivono gli autori della ricerca. I non bevitori inclusi nello studio risultavano però essere meno attivi fisicamente, con indice di massa corporea e pressione sanguigna più elevati. È probabile dunque che molti di loro non consumassero bevande alcoliche perché non erano in buone condizioni di salute. . A supporto di questa interpretazione gli autori dell’articolo citano uno studio in cui si era osservato che le persone che soffrivano già di una malattia cronica dall’età di 20-30 anni avevano alte probabilità di non consumare alcolici neanche negli anni successivi. Confrontare il rischio cardiovascolare dei bevitori con quello dei non bevitori introdurrebbe quindi un errore sistematico (quello che nelle analisi statistiche è chiamato in gergo “bias” o distorsione) che porta a sottostimare l’effetto dell’alcol o addirittura a vedervi un effetto protettivo per la salute. Una seconda distorsione sarebbe stata introdotta considerando il consumo di unità alcoliche in generale, senza distinguere da dove derivano. Chi beveva birra e liquori, anche in quantità moderata, aveva infatti un rischio più alto di finire in ospedale per un evento che coinvolgeva cuore e vasi. Questo rischio appariva invece più basso per chi beveva vino, ma solo se si consideravano tutti i tipi di eventi insieme. Se invece si andava a escludere la cardiopatia ischemica, l’effetto protettivo scompariva. La cardiopatia ischemica è una condizione in cui al muscolo cardiaco non arrivano sangue e ossigeno sufficienti, spesso per problemi di arteriosclerosi alle coronarie. Effettivamente ci sono dati che suggeriscono che alcune molecole contenute nel vino siano benefiche per le coronarie, un elemento comunque non sufficiente per iniziare a bere. “Anche se chi beve vino potrebbe avere una probabilità più bassa di sviluppare patologie delle coronarie, i nostri dati rivelano che il rischio per queste persone di andare incontro ad altri eventi cardiovascolari non è ridotto” sottolineano gli autori della ricerca. La conclusione degli autori è: “Abbiamo mostrato che, se consideriamo queste due distorsioni nell’analisi del rischio cardiovascolare generale, l’alcol non ha nessun effetto protettivo sulla salute e anzi è associato a un aumento del rischio cardiovascolare anche quando si consumano 14 unità alcoliche o meno alla settimana.”

Quindi Non esiste una quantità sicura di alcol: gli effetti benefici dei polifenoli nel vino rosso vanno confrontati con quelli negativi derivanti dall’etanolo.

Per quanto riguarda gli effetti “benefici” dei polifenoli contenuti nel vino rosso, nel 2016 è stato pubblicato uno studio su American Society for Nutrition secondo il quale per riuscire ad avere effetti benefici del resveratrolo (uno dei polifenoli presente nel vino), dovremmo bere circa 2000 litri di vino rosso/giorno, ovvero circa 16 mila bicchieri al giorno per avere l’effetto cardioprotettivo. Tutto questo perché la quantità di resveratrolo nel vino si aggira a pochi milligrammi per litro e spesso viene addirittura degradato dal nostro corpo. Discorso analogo per gli Antociani, altra categoria di polifenoli, quelli che danno il caratteristico color rosso al vino e anch’essi antiossidanti, ma per avere la dose giornaliera benefica, servirebbe bere 5 lt. di vino al giorno (quantità minima giornaliera 550 mg, mentre 1 lt di vino ne contiene 130 mg), mentre con 100 gr di mirtilli si raggiungerebbe la quantità desiderata senza l’effetto negativo dell’etanolo.

i Polifenoli del vino

Risulta quindi evidente che il tanto declamato effetto cardioprotettivo dei polifenoli è praticamente NULLO! Anzi, l’etanolo contenuto al suo interno è una sostanza che ha degli effetti collaterali negativi molto più potenti e dannosi rispetto a qualsiasi possibile effetto benefico del vino. Non esiste quindi una quantità sicura di alcol: secondo l’OMS “non è possibile identificare delle quantità di consumo alcolico raccomandabili o “sicure” per la salute“.

Ad ogni modo, una quantità di alcol etilico sotto i 10 grammi al giorno (massimo un bicchiere di vino da circa 1oo ml, una lattina di birra o un bicchierino di amaro) viene considerata a “basso rischio”, ma una quantità a rischio zero purtroppo non esiste. Inoltre, come meglio specificato in un altro articolo che troverete al seguente link https://www.meteogourmet.it/bevande-alcoliche-alcune-curiosita-ed-effetti-sullorganismo-umano/

dal punto di vista nutrizionale il vino, come qualsiasi altra bevanda alcolica, non è considerato un alimento in quanto non contiene principi nutritivi, anzi, l’assunzione prolungata di bevande alcoliche potrebbe causare disfunzioni nell’assorbimento degli altri principi attivi.

Oltre a ciò, l’alcol influenza la salute mentale, molto spesso in maniera negativa, in quanto influisce sui processi chimici cerebrali e se un consumo minimo saltuario potrebbe farti sentire felice, calmo, loquace e apparentemente più sicuro, un consumo costante, anche moderato, potrebbe aumentare il rischio di depressione, disturbi di panico e comportamenti impulsivi con perdita di autocontrollo.

Maggiori e più dettagliate informazioni sui danni prodotti dall’alcol sul cervello li potete trovare al seguente link.

https://www.brainandcare.com/danni-dell-alcol-al-sistema-nervoso/#:~:text=Con%20l’assunzione%20cronica%20di,un%20processo%20di%20morte%20cellulare.

Qual è la mia posizione? Come molti ragazzi “boomer”, da giovane era di moda bere birra, ma ne ero un consumatore occasionale, meno occasionale in estate (una bella birra ghiacciata ti da inizialmente belle sensazioni, ma poi…), come limitatamente ai periodi invernali in montagna consumavo qualche bicchiere di grappa o di altri superalcolici…ma poi, quanti non hanno mai bevuto un bicchierino di nocino, limoncello, liquerizia o mirto? Poi con l’età sono passato a preferire il vino tanto da fare un corso basico di sommelier, affascinato dalla cultura e dalla storia che c’è in questa bevanda. Ed anche io sono stato convinto dalla falsa positività di un bicchiere di vino rosso al giorno. Solo di recente ho approfondito l’argomento (grazie anche agli studi di mia figlia) e ho smesso completamente di bere. Sebbene non fossi un bevitore seriale, anzi non potevo neanche essere considerato un bevitore, quando poi provo, una tantum, in occasioni particolari a bere un bicchiere di prosecco o vino in generale…beh, lo avverto, mi dà un po’ fastidio, come se mettessi in circolo un qualcosa di dannoso per il fisico, dopo averlo disintossicato. Però la proprietà che ha un bicchiere di vino di rendere piacevole attività conviviali unito a quel lieve rilascio di freni inibitori che produce a fronte di un “basso rischio” di potenziali effetti dannosi, una tantum si può fare, accettando anche il danneggiamento di qualche neurone….ma ripeto, a volte ne vale la pena! Cheers


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