METEOROPATIA: I DISTURBI DA “TEMPO”- 2

Sindromi meteoropatiche stagionali
1.      Dall’inverno alla primavera

Le condizioni meteorologiche e climatiche dei mesi primaverili determinano una vasta serie di effetti sui vari apparati dell’organismo umano, specie su quello respiratorio e digerente. La primavera, ormai è noto a tutti, è caratterizzata da una marcata variabilità determinata per lo scontro sempre più frequente tra le masse d’aria del nord Atlantico, ancora fredde, con quelle dell’Africa settentrionale, calde. Da ciò ne deriva una maggiore formazione di zone di bassa pressione che determinano anche forti temporali, specie nel mese di aprile, mese in cui, non di rado, si ha il cosiddetto “colpo di coda” dell’inverno. L’organismo umano risente molto di queste variazioni di temperatura, umidità, vento, pressione atmosferica, etc….Tutti questi cambiamenti agiscono a partire dall’ipotalamo con la produzione di alcuni ormoni che, se il soggetto è fisicamente e moralmente stanco o stressato, amplificano le reazioni dannose determinate dalle variazioni delle condizioni atmosferiche. In questo quadro aumentano le casistiche di alcuni disturbi, quali le cefalee tensive, le emicranie, le ulcere gastroduodenali, il colon irritabile, la tachicardia, l’ipertensione arteriosa, come anche la stanchezza muscolare e nervosa, l’apatia, l’irritabilità ed il nervosismo. Questi disturbi tendono ad attenuarsi quanto più ci si avvicina alla stagione estiva, per una maggiore stabilità dell’atmosfera. Altra caratteristica dei mesi primaverili è quella di essere la stagione delle fioriture e quindi dell’immissione nell’atmosfera di vari pollini, causa di allergie che coinvolgono un numero sempre maggiore di persone. L’allergia ai pollini rappresenta il 50-60% di tutte le sindromi allergiche che colpiscono adulti e bambini, ed in Italia sono almeno 5 milioni le persone affette da tale fastidio. Un esercito in continuo aumento che trascorre la stagione primaverile con problemi respiratori e, in molti casi, con vere e proprie crisi d’asma, con fastidiose conseguenze nella vita di tutti i giorni. Per curare il fastidioso disturbo è necessario individuare esattamente i responsabili ed intervenire per tempo con le terapie più efficaci.

L’allergia da polline è la reazione immunitaria dell’organismo all’azione degli antigeni, ossia a sostanze che gli sono estranee. In realtà i pollini sono sostanze assolutamente innocue per la maggior parte delle persone, ma in altre possono provocare disturbi anche molto seri. La colpa è di una reazione esagerata del sistema immunitario nei confronti degli agenti scatenanti che causano l’infiammazione. L’allergia può colpire da un giorno all’altro e a qualsiasi età, anche se nella maggioranza dei casi c’è una predisposizione ereditaria. Si è trovato che nell’area mediterranea i rischi legati all’allergia aumentano e questo è dovuto ad un fatto climatico: inverni miti e piogge frequenti favoriscono la fioritura, talvolta anticipandone i tempi, con la conseguenza  che i pollini rimangono sospesi nell’atmosfera più a lungo, soprattutto se in presenza di giornate ventose: basta che si alzi un vento leggero capace di trasportare pollini, ed è sicuramente crisi, mentre, al contrario, è sufficiente che arrivi la pioggia per bloccare i pollini al suolo e vedere la crisi cessare immediatamente. Si comprende, quindi, come la diffusione dei pollini, a cui molte patologie sono connesse, sia fortemente legata alle condizioni meteoclimatiche.

Altra causa di allergia è l’inquinamento: smog e polveri possono irritare le vie respiratorie ed aggredire le mucose aprendo la strada alle sostanze che poi scatenano le reazioni allergiche; esistono, infatti, tipi d’asma urbana legata specialmente alla polvere inquinata della città ed alla muffa delle abitazioni umide. Ma l’inquinamento aggrava anche i sintomi delle allergie da polline: diversi studi hanno permesso di osservare che le malattie allergiche respiratorie, ed in particolare quelle sostenute da pollini allergenici, sono in aumento specie nei grandi agglomerati urbani con alto tasso d’inquinamento atmosferico. Gli inquinanti possono, infatti, esplicare la loro azione sui pollini modificando il loro contenuto antigenico in modo da renderlo maggiormente allergenico, oppure possono agire sulle vie aeree dei soggetti esposti provocando un’infiammazione della mucosa che facilita poi la penetrazione dei pollini con conseguente esaltazione delle reazioni allergiche. Dal punto di vista climatico, poi, la situazione per l’Italia è piuttosto complessa, perché, pur essendo il nostro paese interessato da un clima prevalentemente di carattere mediterraneo, si possono individuare aree geo-climatiche differenti, ciascuna con una caratteristica vegetazione e quindi con una tipica ed ampia varietà di pollini allergizzanti. Ecco che allora, oltre ai consueti pollini allergenici, costituiti da graminacee, parietaria, olivo ed artemisia, si fanno sempre più frequenti i casi di allergie dovute ai cosiddetti pollini emergenti: cipressi (area nord Tirreno), nocciolo, betulla ed ontano (zone alpine e della Val Padana), oltre ad un generale aumento della sensibilizzazione al polline di ambrosia.

PIANTE CHE POSSONO SCATENARE REAZIONI ALLERGICHE

Graminacee:

frumento, granturco, orzo, avena, segale, riso, miglio gramigna, (periodo febbraio-ottobre)

Composite:

lattuga, cicoria, carciofo, cardo, camomilla, dalia, margherita, girasole, ambrosia, crisantemo, tarassaco (luglio-ottobre)

Betulacee:

betulla, nocciolo, ontano (febbraio-marzo)

Urticacee:

parietaria, ortica (febbraio-novembre)

Fagacee:

faggio, castagno, leccio, quercia (marzo-giugno)

Salicacee:

salice, pioppo (febbraio-maggio)

Oleacee:

olivo, frassino (marzo-luglio)

2. Dalla primavera all’estate

In questo periodo l’organismo umano usufruisce di notevoli benefici, dovuti a:

  • maggiore durata delle ore di sole;
  • una più intensa radiazione solare e temperature più elevate;
  • brezze persistenti, specie lungo le coste;
  • pressione atmosferica più stabile a livello sinottico;
  • precipitazioni più rare e comunque non persistenti come in inverno;
  • mancanza quasi assoluta di foschie dense o nebbie.

In questo periodo sono anche favorite quelle persone che soffrono di disturbi cardiovascolari, visto che il caldo è un vasodilatatore e quindi la circolazione del sangue è facilitata. Avranno dei benefici anche quelle persone che presentano una sintomatologia artroreumatica, per le quali una corretta cura di sole e mare diventa una vera terapia di guarigione. Anche per i depressi e i malinconici l’estate rappresenta una stagione favorevole, visto che possono usufruire di un maggior periodo di luce. Dovranno fare invece attenzione a non esporsi troppo al sole i portatori di calcoli e chi soffre di affezioni dell’apparato digerente, poiché il calore aumenta l’infiammazione. Altri pericoli, poi, caratterizzano la stagione estiva, ma si tratta di imprudenze delle persone, o di allergie ai veleni di insetti più che disturbi causati da fattori meteorologici. (sebbene certe condizioni climatiche sembrano aumentare l’aggressività di alcuni insetti!). Disturbi notevoli, nonché pericolosi, in questo periodo sono causati da una prolungata e insensata esposizione diretta ai raggi solari, e parliamo, quindi, di colpi di sole, di colpi di calore e di scottature. A questo proposito dobbiamo aprire una piccola parentesi. Negli ultimi anni il numero dei casi legati ai rischi appena citati è andato notevolmente aumentando (molte volte si è parlato di “sole killer”…….). In realtà tale aumento è dovuto al maggior numero di persone che usufruisce di un buon periodo di vacanze estive da trascorrere soprattutto al mare o in montagna, luoghi in cui la radiazione ultravioletta è molto intensa rispetto alla collina o alla pianura (e non dimentichiamo la  moda di prendere la cosiddetta tintarella, di apparire “abbronzati”, simbolo moderno di benessere fisico e salute). Negli ultimi anni sono stati compiuti molti studi circa l’aumento dei carcinomi e dei melanomi della pelle e si è dimostrato come questo aumento colpisca soprattutto le classi sociali medio-alte, specie le persone con lavoro sedentario. Ciò sembrerebbe dimostrare che l’incidenza aumenta quando l’esposizione alla luce solare è praticata in maniera intensa e in modo discontinuo (al contrario i marinai, esposti al sole in maniera quasi continua, hanno invece mostrato un andamento costante di queste forme tumorali). Ma c’è anche un tipo di clima estivo che provoca notevoli disturbi: il caldo umido, il clima  afoso tipico della Valpadana, ma anche di altre località italiane. La sensazione di disagio climatico legata al caldo umido dipende da tre parametri: il valore dell’umidità relativa, della temperatura e del vento. Con temperature elevate, l’organismo disperde il surplus di energia termica attraverso il processo della sudorazione, processo che diventa sempre meno efficiente quanto più il valore dell’umidità relativa dell’aria si avvicina al punto di saturazione.  Si è ormai dimostrato che a una temperatura esterna di circa 37 °C, in assenza di vento e con un tasso di umidità vicino al 100%, cessa il fenomeno dell’evaporazione del sudore, con conseguenti danni all’organismo, che talvolta possono portare alla morte. Particolarmente sofferenti di questa situazione sono gli obesi, gli alcolisti, i diabetici, gli anziani e i bambini, ovvero quei soggetti in cui i poteri immunitari e termoregolatori sono deficitari. Un altro importante e pericoloso disturbo in questo periodo dell’anno è quello legato allo smog fotochimico urbano. Esso si forma durante i mesi più caldi, in presenza di forte radiazione solare, ed è caratterizzato da una concentrazione eccezionalmente elevata di ozono negli strati dell’atmosfera adiacenti al suolo. La sua formazione è dovuta all’interazione dei gas di scarico delle automobili (biossido di azoto in particolare) con la radiazione solare. In prossimità del suolo, quindi, l’Ozono risulta essere molto dannoso per l’organismo umano. I sintomi più importanti sono le congiuntiviti, le emicranie e disturbi irritativi dell’apparato respiratorio. Anche le piante ne soffrono, con danni all’apparato fogliare.

3. Dall’estate all’autunno

La stagione autunnale può essere considerata, per diversi aspetti e soprattutto durante la prima parte, la migliore dell’anno, sia per la dolcezza del clima, sia perché i fattori meteorologici non presentano, di norma, variazioni molto repentine. Al caldo umido e afoso della Valpadana si ha una temperatura più piacevole per l’arrivo dei primi impulsi di aria artica, anche se a volte accompagnata da forti temporali e qualche grandinata; il clima si fa più mite anche al centro e al sud, complice anche un’insolazione sempre più ridotta, cosa che favorisce il metabolismo basale del nostro organismo, e anche il sonno diventa meno pesante e più distensivo. Ma anche l’autunno presenta i suoi risvolti negativi, specie in alcuni soggetti che sentono particolarmente il cambio stagione con il manifestarsi di alcune sindromi, anche se meno intense di quelle avvertite nel passaggio dalla primavera all’estate. Le principali azioni di questo passaggio stagionale sull’organismo umano si evidenziano in:

  • aumento delle sindromi depressive per diminuzione progressiva delle ore di luce, specie sulle regioni settentrionali;
  • azioni negative sull’apparato digerente;
  • infiammazioni delle prime vie aeree con notevole aumento delle sinusiti, riniti, otiti, faringiti, tonsilliti e bronchiti;
  • aumento delle nevralgie, delle tendinopatie, ma in modo particolare delle sindromi artroreumatiche.

In particolare, il primo punto è stato studiato e rivalutato negli ultimi 20 anni, ossia l’insorgenza di numerosi casi di sindromi depressive al diminuire delle ore di luce. Ciò è dovuto all’epifisi, cioè la ghiandola pineale, che attraverso un delicato meccanismo ormonico, regola tutto ciò che sottende allo sviluppo delle sindromi depressive. Il che è confermato dal fatto che una terapia preventiva basata sulla somministrazione progressiva delle ore di luce, riduce di molto lo scatenarsi delle sindromi depressive autunnali o invernali. Importante è notare anche il cospicuo aumento delle riacutizzazioni delle ulcere dell’apparato digerente in questo passaggio stagionale. La spiegazione forse sta nell’aumento dello stress dopo il periodo estivo per la ripresa delle normali occupazioni e ritmi, oppure per gli eccessi alimentari durante il periodo delle vacanze. Ma ormai viene preso in seria considerazione anche un altro fattore ritenuto di primaria importanza per lo sviluppo delle forme ulcerose dell’apparato digerente: l’HELICOBACTER PYLORI, batterio che si è rivelato come sicuro fattore di concausa in tutte le forme infiammatorie dell’apparato digerente. Ebbene questo batterio sembra “risvegliarsi” in modo particolare quando mutano i fattori meteorologici, in particolare con l’abbassamento delle temperature e l’aumento del tasso di umidità. Anche il fattore delle infiammazioni delle prime vie aeree è da tenere in considerazione, specie perché influiscono molto sulla capacità lavorativa di ognuno. Sarebbe opportuno in questa fase dell’anno utilizzare quei sistemi di prevenzione come i complessi vitaminici, in particolare la vitamina C. Sarebbe opportuna anche una sana alimentazione a base di frutta e verdura fresche integrate da alimenti leggeri, come lo yogurt ..senza zuccheri aggiunti. Le malattie stagionali delle prime vie aeree non vanno mai trascurate, specie nei bambini e negli anziani, perché possono degenerare e complicarsi in malattie acute dell’apparato respiratorio, come bronchiti e broncopolmoniti.

4. Dall’autunno all’inverno

La stagione invernale è ormai sinonimo di smog, di nebbia, specie nelle città industriali della Valpadana e del centro; una situazione climatica aggravata sempre più dall’inquinamento acustico e dal notevole aumento di situazioni stressanti di tutti i tipi. Un altro fattore che agisce sfavorevolmente in senso biometeorologico è anche la scarsa quantità di luce solare a disposizione dell’organismo, che influisce negativamente soprattutto sulle persone anziane e sole. Naturalmente caratteristica principale di questa stagione sono le basse temperature, anche se negli ultimi anni le temperature minime risultano più elevate della media del periodo; non molti sanno però che le basse temperature determinano sull’organismo umano una serie di reazioni difensive che si possono riassumere in:

  • aumento del metabolismo cellulare;
  • aumento dell’attività muscolare (brividi, contrazioni involontarie dei muscoli per produrre una maggiore quantità di calore);
  • vasocostrizione cutanea (è un meccanismo che l’organismo mette in atto per difendersi dal freddo; devia il sangue dalla circolazione superficiale per avviarla verso gli organi più interni).

Ecco perché in inverno si sente la necessità di alimenti che possano fornire una maggiore quantità di calorie. In questa stagione è inoltre da prendere in considerazione l’effetto dei venti. Ricordiamo che con i venti settentrionali, specie nelle località sottovento alle catene montuose, diminuisce la percentuale di umidità relativa dell’aria, aumenta la pressione atmosferica, prevale il cielo sereno o poco nuvoloso e la ionizzazione dell’aria passa da positiva a negativa: sono tutti fattori che determinano sull’organismo umano sensazioni positive e di benessere. Il contrario avviene con i venti che soffiano dai quadranti meridionali, carichi di umidità, di ionizzazione positiva, con diminuzione di pressione atmosferica, cielo per lo più grigio, e spesso associato a frequenti, talvolta abbondanti, precipitazioni. L’organismo avverte tutto ciò con sensazioni di disagio fisico e psicologico, perdita del tono muscolare, numerosi eventi di cefalee ed emicranie e tendenza alla depressione. C’è da dire che i problemi della stagione invernale sono ormai minori rispetto a quelli del passato: le case sono più riscaldate, a volte troppo, abbiamo tutti i tipi di alimenti, siamo meno esposti agli agenti atmosferici negli spostamenti e possiamo indossare indumenti caldi, protettivi e anallergici, una volta inesistenti. Tuttavia, specie alcuni fattori, quali lo smog, la nebbia ed il freddo umido ancora influiscono in maniera non trascurabile sul nostro organismo, ed allora sarebbe opportuno osservare alcune regole “comportamentali”:

  • uscire almeno una volta al giorno e nelle ore meno fredde, specie se c’è una giornata assolata, visto che la luce attiva le energie fisiche e psicologiche;
  • uscire coperti per difendersi dalle basse temperature, ma non troppo: anche la pelle ha bisogno di respirare;
  • evitare di percorrere strade troppo rumorose o con traffico troppo intenso: sappiamo che lo smog ed il rumore fanno male alla salute;
  • uscire anche se c’è vento evitando, per quanto possibile, le sciarpe al collo; queste lo rendono troppo delicato e quindi più esposto a laringiti e faringiti;
  • uscire con pioggia e neve significa respirare aria più pulita, visto che i fiocchi di neve e le gocce di pioggia abbattono gli inquinanti portandoli verso il suolo;
  • bere sempre intorno a 1,5 litri di acqua, anche se in inverno è più difficile sentire lo stimolo della sete, perché l’organismo perde molta acqua specie negli ambienti riscaldati; ricordarsi inoltre che gli alcolici, sebbene producano inizialmente una sensazione di calore, in realtà, per i loro effetti vasodilatatori, determinano una perdita di calore dall’organismo;
  • vale sempre il suggerimento di cercare qualche attimo di riposo e di tranquillità, come d’altronde fa la natura in questo periodo.
  • Quanto abbiamo appena visto si riferisce, naturalmente, alle risposte dell’organismo alle variazioni stagionali tipiche delle nostre latitudini, aventi tipiche caratteristiche climatiche. In posti con climi differenti, si avranno altri disturbi, più o meno accentuati. C’è da dire che il nostro clima, definito “mediterraneo” è uno dei più favorevoli allo sviluppo di buone condizioni di vita, anche se, nell’ambito della stessa area geografica, riusciamo a distinguere altre sottoclassi di clima che, come andremo a vedere, determinano effetti differenti sull’organismo umano.

TIPI DI CLIMA E SALUTE

Sapere il tipo di clima in cui si vive può essere utile per capire l’acuirsi di alcune patologie; cambiare clima ha senza dubbio un vantaggio teraupetico, ma in combinazione con le attese e le preferenze del soggetto (inutile prescrivere di frequentare clima di alta montagna o dell’oceano aperto a chi soffre di agorafobia).

PAESI A CLIMA FREDDO

Per chi si reca in posti a clima freddo, oltre ad un abbigliamento adeguato, più pesante, è necessario sapere che nelle località con un tale tipo di clima le perturbazioni sono più frequenti e accompagnate da venti forti e da precipitazioni, con conseguente abbattimento degli inquinanti al suolo: di conseguenza il grado di smog è inferiore nelle città del nord rispetto alle altre.  Nei climi freddi devono pendere le dovute precauzioni i sofferenti di:

  • reumoartropatie e broncopneumopatie croniche;
  • vizi valvolari di qualsiasi tipo;
  • infiammazioni croniche alle prime vie aeree, in modo particolare di sinusiti, otiti e riniti;
  • nevralgie  o nevriti, specie trigeminali o sciaticali.

Attenzione anche all’alimentazione, visto che in quei posti, per la bassa temperatura che si mantiene per la maggior parte dell’anno,  il consumo medio di calorie pro-capite è elevato ed è quindi a base di prodotti altamente calorici  derivati in modo particolare da proteine e grassi animali, nonché da zuccheri.

PAESI CON CLIMA MEDITERRANEO

Sono paesi che alternano estati calde e secche con inverni freschi e abbastanza piovosi. In questi posti le indicazioni e le controindicazioni variano secondo le stagioni considerate; una maggiore precauzione è da adottare durante i mesi estivi, specie quando è presente una cupola d’aria calda in quota, con le temperature al suolo che raggiungono valori elevati per più giorni. In generale però il clima Mediterraneo o di tipo mediterraneo si rivela molto favorevole a buone condizioni di vita, per il fatto che la temperatura media si mantiene sempre, salvo rare eccezioni, entro i cosiddetti “limiti fisiologici”, l’umidità relativa media oscilla tra il 40 ed il 70%, e la ventilazione è sempre presente, specie lungo le coste, sulle colline e sui monti; i fenomeni estremi si presentano più raramente che in altre zone climatiche.

PAESI CON CLIMA TROPICALE E SUBTROPICALE

In questi paesi il clima è caratterizzato dall’alternanza di due stagioni: quella secca, con temperature anche elevate, ma con un tasso di umidità relativa basso, e quella piovosa, naturalmente con un forte tasso di umidità. Di questo tipo di clima si avvantaggiano, ma solo nel periodo secco, tutti quei soggetti anziani, depressi e debilitati che hanno necessità di un riadattamento psicofisico e ambientale, i sofferenti di artropatie croniche, chi soffre di brancopneumopatie croniche, specie di tipo asmatico, come anche di chi ha necessità di “ricarica” di energie perdute, sia fisiche che psicologiche. Nella stagione delle piogge non si usufruisce delle proprietà terapeutiche  del clima secco ed inoltre si corre il rischio maggiore di contrarre l’infezione malarica per la maggior presenza delle zanzare anofele. Infine, visto che, nel nostro emisfero,  solitamente la stagione secca dei paesi tropicali corrisponde alla periodo invernale, si aggiunge l’ulteriore beneficio di “sfuggire” allo smog invernale delle grandi aree urbane.

PAESI A CLIMA EQUATORIALE

Sono caratterizzati dal non avere una grossa escursione termica durante tutto l’anno, quindi temperature per lo più uniformi e di valori elevati, accompagnate però da un elevato tasso di umidità con conseguenti frequenti acquazzoni. Tutto ciò porta ad avere un clima non certo ideale con valori dell’indice di Thom spesso vicino e oltre il livello 28, ovvero quello che corrisponde al “collasso da calore”. Si deduce facilmente che questo tipo di clima è assai poco terapeutico e può essere tollerato solo da persone in buona salute,  che seguano tutte quelle precauzioni di natura medica che bisognerebbe osservare visitando tali paesi (vaccini per le varie infezioni esistenti in molte località equatoriali).

E IN ITALIA?

Nel nostro Paese i tipi di clima sono diversi e variabili: per la particolare orografia presente, in pochi Km si passa dal clima di montagna a quello di collina, a quello di pianura, a quello marino o ancora di lago. Queste particolarità rendono più complicato in partenza lo studio del clima italiano ed è reso ancora più difficoltoso dalla presenza di numerosi microclimi locali, dovuti, ribadiamo, soprattutto alla sua particolare configurazione orografica. Possiamo individuare delle aree con caratteristiche similari:

  1. Coste della Liguria e della Versilia

Clima temperato, moderatamente umido, con ventilazione moderata (in prevalenza venti da W/SW), e modesta escursione termica tra giorno e notte. È un clima suggerito per anziani, bambini, cardiopatici, ipertesi, ansiosi e asmatici.

2. Grandi laghi alpini

Clima temperato, lievemente umido, povero di impurità atmosferiche, di iodio e di raggi UV; modesta escursione termica tra giorno e notte. Clima suggerito per qualsiasi patologia, specie per quelle cardiovascolari, respiratorie e reumatiche, per i sofferenti di depressione e astenia oltre per chi necessita di riabilitazione psicofisica dopo malattie debilitanti o trapianti.

3. Coste venete

Clima moderatamente fresco, abbastanza ventilato, con episodi di Bora nel periodo inverno-primavera, povero di raggi UV, ma con frequenti temporali; alto tasso di umidità nella zona della laguna veneziana. Clima sconsigliato per ansiosi e depressi. Suggerito in primavera ed estate per bambini e anziani.

4. Coste del medio adriatico

Clima moderatamente caldo e in prevalenza umido; poco ventilato. Clima sconsigliato per asmatici, anziani e cardiopatici.

5. Coste del Lazio e della bassa Toscana

Clima in prevalenza caldo-umido, moderatamente ventilato, ricco di aerosol. Clima indicato per le affezioni alle vie respiratorie, sconsigliato per asmatici e cardiopatici.

6. Coste joniche di Calabria e Puglia

Clima caldo, umido e ventilato, con alta intensità di raggi UV ed aerosol marino. Questo tipo di clima è indicato per affezioni alle prime vie respiratorie; sconsigliato ai cardiopatici, ai reumatici, agli ansiosi e ai depressi.

7. Coste orientali sicule, calabre tirreniche e campane

Clima molto caldo e umido, poco ventilato e povero di aerosol; clima sconsigliato per cardiopatici, ipertesi ed asmatici.

8. Coste sicule e sarde occidentali

Clima caldo ma molto ventilato, poco umido, ricco di aerosol e raggi UV. Clima suggerito per sofferenti di anemia, reumatismi, osteoporosi, affezioni alle prime vie respiratorie; sconsigliato per ansiosi e depressi.

9. Bassa montagna (700-1200 mt.)

Clima fresco e ventilato, abbastanza secco, ricco di UV e povero di impurità atmosferiche. Clima suggerito per bambini e anziani, cardiopatici, insonni, ansiosi e depressi, nonché ai sofferenti anemia e osteoporosi; sconsigliato agli asmatici.

10. Media montagna (1200-1600 mt)

Ventilazione moderata, accentuata durante il passaggio di una perturbazione; pressione atmosferica bassa rispetto alla pianura, umidità relativa di norma bassa, scarso grado d’inquinamento, forte insolazione e raggi UV intensi, specie nei mesi invernali. Clima indicato per ipotesi, depressi, anemici e per chi necessita di cure stimolanti; sconsigliato per gli ipertensivi, i cardiopatici, per chi soffre di broncopneumopatie croniche o di enfisema polmonare.

11. Alta montagna (oltre i 1600 mt)

Ventilazione accentuata, bassa pressione atmosferica, temperature anche rigide, umidità relativa bassa, grado d’inquinamento atmosferico praticamente nullo; forte insolazione e radiazione UV molto intensa. Clima indicato per i depressi e per chi ha difficoltà di concentrazione ed attenzione; sconsigliato agli stessi soggetti del punto precedente.

12. Clima alpino (oltre i 2300 mt)

Clima vantaggioso solo per persone sane e ben allenate, caratterizzato da cambiamenti repentini del tempo. Ventilato, spesso con venti forti, umidità relativa anche alta, specie in estate, per la formazione di nubi sui pendii sopravento, precipitazioni più abbondanti che in altri luoghi, in prevalenza a carattere nevoso; intensa radiazione UV. Per tali ambienti si suggerisce un utilizzo adeguato di indumenti e creme di protezione contro gli UV.

13. Clima di pianura (fino ai 300 mt)

Scarsa ventilazione ed escursione diurna elevata, specie in estate; alto tasso di umidità, insolazione ridotta per la frequente presenza di nebbie o foschie (talvolta anche in estate); pressione atmosferica elevata e notevole grado d’inquinamento (in particola sulla Pianura padana). Clima sconsigliato per i depressi, i sofferenti di allergie (specie in primavera) e gli asmatici; consigliato per gli ansiosi e per i sofferenti di diabete mellito.

IL MICROCLIMA DELLE CITTA’

Una cosa certa, da tutti inequivocabilmente riconosciuta, è la presenza di un microclima particolare presente nei centri urbani, specie negli agglomerati più estesi: la cosiddetta “isola di calore” (o meglio isola climatica urbana). Dal nome si evince immediatamente la presenza quindi di un’alterazione del clima rispetto all’ambiente circostante la città.

Questa isola di calore è dovuta alla differente percentuale di albedo del centro urbano rispetto al territorio limitrofo, alla esaltata capacità termica del suolo per effetto degli asfalti, la riduzione delle superficie evaporanti naturali (aree verdi), alla modificazione della direzione e velocità del vento con conseguente ristagno nei bassi strati di masse d’aria per più giorni a seconda dell’orientamento delle strade e della presenza di edifici. Tali alterazioni termiche risultano più evidenti nel periodo invernale, quando oltre agli effetti sopraccitati e al traffico cittadino, si sommano i contributi calorici dati dai sistemi di riscaldamento negli edifici; c’è da dire però che negli ultimi anni, la diffusione sempre maggiore di impianti di aria condizionata, contribuisce ad amplificare tale effetto anche durante il periodo estivo. Nelle città della pianura padana tali effetti sono più frequenti rispetto altrove visto che, specie in inverno, prevalgono condizioni di scarsa circolazione ventosa e quindi gli inquinanti atmosferici, che rimangono intrappolati nei primi 100-150 metri dal suolo, vengono scarsamente dispersi. A Milano, ad esempio, in condizioni di cielo sereno e calma di vento, durante il periodo invernale, si sono misurate differenze di temperatura minima tra il centro città e la campagna circostante fino a circa 7°C!! Le caratteristiche dell’isola di calore sono quindi importanti per lo studio del microclima cittadino che vede spesso alterati i parametri normali del luogo, tanto da creare un “clima” diverso dalle zone di campagna limitrofe. Nell’ambito del clima cittadino, chiaramente inquinato, c’è da considerare anche un altro microclima, di cui si parla ancora poco: il cosiddetto microclima degli ambienti confinati, causa della ancora poco nota “sick building sindrome”.

Recenti studi medici hanno confermato l’importanza del controllo della composizione dell’aria negli ambienti dove vivono a contatto molte persone per parecchie  ore al giorno, tanto da essere inglobata nella legge 626 sulla sicurezza negli ambienti di lavoro. Ma anche tra le mura di casa la qualità dell’aria è importante per evitare fastidiosi disturbi. Proprio in questi luoghi si osservano a volte limiti di inquinamento da sostanze varie. Negli uffici l’inquinante più diffuso una volta era costituito dal fumo di sigaretta, nocivo non solo per chi lo aspira (fumo attivo), ma anche per chi lo respira incolpevolmente (fumo passivo). oggi, anche per le politiche contro il fumo, l’inquinante maggiore è costituito da composti organici volatili (VOC – emessi da vari materiali e prodotti di uso comune negli uffici, come mobili, vernici, adesivi, e prodotti per la pulizia. La formaldeide) e da bioaerosol, ovvero da particelle biologiche presenti nell’aria, come polvere, spore di muffe, batteri e virus, spesso provenienti da condizionatori poco igienizzati e scarsa pulizia del mobilio presente e che possono causare reazioni allergiche, infezioni e altre patologie. I sintomi più comuni da inquinamento da microclima degli ambienti confinati sono:

  • cefalee persistenti,
  • bruciore degli occhi,
  • malessere vago ed indefinito a tutto l’organismo ,
  • mialgie diffuse,
  • tensione alla base del collo con interessamento dei muscoli, dei tendini e dei nervi della regione scapolare,
  • irritabilità ed irrequietezza , specie nel tardo pomeriggio,
  • aumento dell’ansia e della tensione nervosa.

ALCUNI EFFETTI DA EVENTI METEOROLOGICI

a. I venti caldi

Influenzano negativamente le persone nervose, gli emicranici, gli ipertesi e gli ipotesi, i cardiopatici; venti deleteri sono quindi lo Scirocco in Italia, il Libeccio in Spagna, il Foehn sulle zone alpine, lo Shamsin in Egitto e lo Shirav in Israele.

In particolare, in Italia è ben conosciuta la sindrome da Scirocco, che nei soggetti ipersensibili può provocare mal di testa, debolezza, ansia, insonnia, cardiopalmo ed abbassamento della pressione sanguigna; mentre la sindrome da Fohn può innescare irritabilità, ansia, mal di testa, aumento della pressione arteriosa e gonfiore degli arti inferiori.

b. I venti freddi

Sono meno temibili e bisogna esporsi per subirne gli effetti; possono provocare febbri reumatiche o crisi cardiache ai sofferenti di angina pectoris.

Oggi si sa che la causa di questi disturbi da parte dei venti freddi è il fatto che sono accompagnati da una ionizzazione positiva dell’atmosfera; quindi è una questione di elettricità dell’aria e di campi elettrici dominanti, definiti dalla quantità di ioni positivi o negativi, che varia a secondo della densità della popolazione di una regione, del suo grado di urbanizzazione, di industrializzazione e di inquinamento; inoltre la nebbia, le piogge e i temporali modificano la conducibilità elettrica dell’atmosfera. Da numerosi esperimenti in laboratorio, risulta che gli ioni negativi esercitano un’influenza benefica sugli organismi animali, mentre una predominanza di ioni positivi comporta effetti nocivi, che si fanno ancora più evidenti quando le particelle di pulviscolo prodotto nelle città e nelle aree industriali si aggregano dando luogo agli ioni pesanti. Gli ioni negativi, presenti in maggioranza nelle campagne e, più in generale, nelle aree non inquinate, esercitano sul sistema nervoso e circolatorio un’azione calmante e rivitalizzante, e sembra anche che accelerino l’azione cicatrizzante delle ferite, tanto che negli Stati Uniti, in occasione d’interventi chirurgici su soggetti particolarmente deboli, si fa respirare al paziente aria arricchita di ioni negativi, mentre nell’ex Unione Sovietica gli ioni negativi venivano usati a scopi sportivi: agendo, infatti, sul sistema muscolare ed endocrino, gli atleti venivano fatti allenare in sale provviste di generatori di ioni negativi al fine di migliorare le loro prestazioni sportive. Al contrario, la predominanza di ioni positivi, sviluppa una notevole patologia che può andare dalla semplice eccitazione nervosa (irritabilità umorale), alla banale indigestione, fino all’infarto e, in alcuni casi, all’ictus cerebrale.

c. Il temporale

Tra tutti i fenomeni meteorologici, è quello che si annuncia ai soggetti particolarmente sensibili anche 24 ore prima del suo verificarsi. Essi avvertono dapprima uno stato di leggera sovreccitazione, quindi il corpo, percorso da fremiti muscolari, diventa fiacco, ma teso; sopraggiungono poi l’emicrania ed una strana forma d’astenia, simile a quella provocata dall’ipoglicemia: leggero sudore nausea, inappetenza e, talvolta, coliche addominali. Durante e dopo il temporale, la situazione evolve, i malesseri si attenuano e ritorna la calma.

d. La temperatura

Il suo valore varia molto da luogo a luogo poiché dipende da moltissimi fattori, sia locali che generali (posizione geografica, natura del suolo, condizioni ventose e masse d’aria interessate). In biometeorologia il valore da considerare non è tanto il valore massimo, minimo o medio, quanto l’indice di disagio o di benessere che una data temperatura determina sull’organismo umano, combinato però con il tasso di umidità presente, questo perché ben sappiamo che due temperature uguali, ma con tasso di umidità differente, non danno la stessa sensazione corporea. Dal punto di vista clinico, in seguito ad una lunga serie di sperimentazioni compiute su soggetti di ambo i sessi, si è notato che la soglia di disagio si ha quando l’IDC (indice di disagio climatico o indice di Thom) raggiunge il valore 24; all’aumentare di questo valore, superato 28, si nota un progressivo deterioramento delle condizioni generali  sia fisiche che psichiche. Quando supera il valore 32 c’è un alto rischio di colpo di calore. Le condizioni più favorevoli all’aumento dell’indice di disagio climatico si verificano durante i mesi estivi. Le informazioni che possiamo acquisire dai programmi meteo televisivi o dai vari siti specializzati, non sono sufficienti per poter valutare se effettivamente il caldo sia stato più o meno sopportabile, in quanto non basta sapere quale sia stata la temperatura massima in una data località, ma bisognerebbe sapere anche quale sia stato il valore dell’umidità relativa associato a quel valore di temperatura (potrebbe sembrare paradossale, ma risulta più disagevole per il fisico la condizione con 27°C con 80% di umidità che quella di 35°C con 30% di umidità).

Ma come esiste il disagio per il caldo, allo stesso modo esiste quello per il freddo, sia per il freddo umido (indice di Scharlau) che per il freddo legato al vento (windchill). Nel primo caso, come è ovvio, a parità di temperatura risulta di maggior disagio una condizione con un tasso di umidità più elevato. nel secondo, maggiore è l’intensità del vento, maggiore sarà l’indice di disagio.

Temperatura percepita…qualche chiarimento.

La temperatura è una sola, quella segnata dal termometro, e ogni persona percepisce più o meno disagio a una certa temperatura a causa di diversi fattori, tra cui le proprie caratteristiche fisiche, il proprio stato di salute, dell’attività svolta e del proprio abbigliamento. Sono variabili non confrontabili, perché sono appunto tante e differenti e molto “variabili”. Ma i giornali da un pò di anni parlano di temperatura percepita e la confondono frequentemente, e direi appositamente, con la temperatura vera e propria, interscambiandole spesso con l’effetto di creare preoccupazioni e timori specie verso la popolazione anziana. Quindi non esiste una temperatura percepita in senso assoluto! Esistono però diversi indici che classificano il grado di disagio fisico a cui andremo incontro. Questi indici si trovano facilmente su internet.

e. I sistemi perturbati

Varia è la sintomatologia, a carico dei vari organi, sistemi o apparati, legati al passaggio di un sistema frontale perturbato, disturbi che si avvertono anche 2-3 giorni prima dell’evento meteorologico, e che sono elencati in Tavola 1. In Italia questi periodi perturbati si presentano più frequentemente durante il periodo invernale sulle regioni centro-meridionali, mentre sulle regioni settentrionali sono più attivi nelle stagioni di transizione, ovvero primavera ed autunno.

SINTOMATOLOGIA CARATTERISTICA PER L’ARRIVO DEI FRONTI PERTURBATI     

72 ORE PRIMA

–   evidenti segni di riacutizzazione  delle forme artroreumatiche;

–   nei sofferenti di discopatie, dolori più acuti ai nervi interessati, in particolare lo sciatico;

–   evidenti segni di aumento dei disturbi cardiovascolari, specie quelli legati alle sindromi  ansiose,   come  tachicardia e palpitazioni;

–   riacutizzazione delle cefalee tensive e delle crisi emicraniche, in particolare durante i momenti di riposo o di rilassamento (sindrome del week-end);

–   nei soggetti che presentano costituzionalmente, oppure nei periodi di stress, diminuzione delle difese organiche, si notano più frequenti episodi di infiammazione delle prime vie aeree, come riniti, sinusiti, laringiti,…..

–   nei portatori di calcolosi, aumento delle coliche epatiche e renali, specie in tarda nottata e prime ore del mattino;

–    irritabilità psichica, in aumento nelle ore notturne, con frequenti risvegli;

DA 48 A 24 ORE PRIMA

–    dolori toracici e/o addominali, in apparenza senza causa;

–   sensazione di respiro corto, specie quando la perturbazione si presenta molto attiva con vento precedente la pioggia;

–   diminuzione dell’attenzione, dell’efficienza fisica e dei tempi di reazione, con riflessi meno pronti (è stato verificato un aumento degli incidenti stradali e sul lavoro);

–    episodi di ansia e/o depressione, in particolare nei soggetti predisposti.

DURANTE IL PASSAGGIO

–   depressione fisica, con sensazione di esaurimento neuro-muscolare, a volte accompagnata anche da sintomi depressivi psicologici(disinteresse, svogliatezza, voglia di piangere senza una causa definita);

–   malessere non ben definito, in modo particolare ai muscoli ed alle articolazioni, con difficoltà di deambulazione specie nei soggetti anziani;

–   episodi di ansia senza causa;

–  sonnolenza diurna con episodi di cefalea tensiva;

–   scontentezza marcata anche in assenza di situazioni spiacevoli;

–   crisi vasomotorie con cardiopalmo, palpitazioni affanno senza sforzo.

DOPO IL PASSAGGIO

  • Miglioramento sensibile ed abbastanza veloce,  a meno che non sia in arrivo una nuova perturbazione.

Si comprende quindi il perché, nei periodi in cui i fronti perturbati si susseguono (primavera ed autunno), i meteorolabili passino da una sintomatologia all’altra.

GLI ASPETTI PSICOLOGICI

Insieme alla lettura dell’oroscopo, la consultazione del bollettino meteorologico è un rito che a molte persone pare irrinunciabile, un punto di riferimento in base  cui organizzare la propria giornata. Il grado d’interesse per i fattori climatici e meteorologici potrebbe costituire addirittura una specie di tratto di personalità, che caratterizza una certa tipologia di soggetti. Senza riferirsi a quei casi che configurano veri e propri quadri patologici, appena accennati, noti come meteoropatie, è sufficiente pensare a quelle persone che mostrano una spiccata sensibilità per tutto quel che attiene al tempo: hanno intense reazioni emotive positive se la mattina il cielo è sereno e splende il Sole, mentre sono abbattute quando il tempo è piovoso; non possono affrontare un viaggio in auto se non hanno ascoltato la sera prima le previsioni del tempo; mostrano spiccate “idiosincrasie” per il freddo, per il caldo, per il vento, e così via. Alle persone normali questi atteggiamenti possono apparire curiosi: che piova o che faccia bello, che tiri o non vento, è senza dubbio un fattore importante per il contadino, che deve arare o mietere, o per il pescatore che deve decidere se uscire in mare, ma quale influenza può avere sulle abitudini o sullo stile di vita della maggioranza delle persone che vivono in un mondo in cui la natura appare addomesticata dalle infinite risorse della tecnologia? Gli influssi delle caratteristiche geofisiche dell’ambiente su molti aspetti del comportamento umano sono stati analizzati in numerose ricerche scientifiche nell’ambito della geografia umana, della psicologia, della sociologia. In particolare, per quanto riguarda i fattori climatici, è stato notato come la temperatura elevata influisca sulle prestazioni percettivo-cognitive (comportando minore efficienza), sul livello d’emozionalità e sull’interazione sociale: è stato osservato, ad esempio, un aumento di episodi di aggressività in connessione con l’aumento della temperatura; anche l’eccesso di freddo avrebbe effetti analoghi, come risulta da osservazioni effettuate sul personale operante nelle stazioni polari. In America, il professor Baron, e i suoi colleghi, hanno condotto una serie di studi in proposito, e dimostrato che il grafico della relazione temperatura-aggressività ha la forma di una  U rovesciata: ciò significa che l’alta temperatura aumenta l’aggressività solo fino a certi valori, dopodiché si riduce progressivamente. Altri studiosi invece sostengono che la relazione sia di tipo lineare, e che quindi l’aggressività aumenti con la temperatura. Altri studiosi (Douglas Kenrick e Steven Mac Farlane), hanno effettuato uno studio particolare sull’influenza che la temperatura ambientale ha sulle persone che guidano un’automobile e sono ferme a un semaforo. I risultati indicano un aumento lineare di segnalazioni acustiche, spesso accompagnate da altri segnali verbali e gesti d’ostilità, con l’aumento della temperatura; anzi, hanno anche dimostrato come tali comportamenti “ostili” sono legati anche al fattore umidità e si presentano in maniera particolarmente pronunciata tra i soggetti che non possiedono l’aria condizionata nel proprio veicoli. Molti comportamenti umani mostrano poi essere soggetti a ritmicità stagionale, come, ad esempio, la quota delle nascite, la crescita, le variazioni di peso, le abitudini alimentari, gli atti criminosi. In quest’ambito, il professor Rotton ha evidenziato il fatto che la maggior parte dei crimini a sfondo sessuale vengono commessi nei giorni caldi e soprattutto durante la stagione estiva. Per spiegare ciò, sono state fatte delle teorie, la più accreditata delle quali enfatizza i fattori endogeni, come le variazioni circa annuali nel testosterone, che raggiungono picchi notevoli durante l’estate inoltrata e i primi mesi autunnali. Un collegamento con i ritmi stagionali è stato osservato anche per il disturbo denominato “SAD” (Seasonal Affective Disorder). Esso colpisce certe persone, in particolare durante il tardo autunno e l’inverno, ovvero quando sono più frequenti episodi prolungati di pioggia, freddo e cielo nuvoloso, in concomitanza con una maggiore carenza di luce e il transito più frequente di basse pressioni. È caratterizzato da depressione, letargia, mancanza di libido e incapacità di concentrazione. Tali sintomi tendono a scomparire con l’inizio dell’estate e può subentrare una forma di ipomania, ovvero un’esuberante vitalità e aumentata produttività. Tuttavia, sembra che questi ritmi caratterizzerebbero anche la popolazione comune, sebbene in grado minore e le forme di SAD sarebbero dunque un’esasperazione di normali variazioni stagionali che influiscono sull’umore, l’appetito, il sonno, la socializzazione e il senso generale di energia. Recenti studi hanno messo in evidenza che oltre all’influenza meteorologica, le cause del Disturbo Affettivo Stagionale sono anche da ricondurre a fattori biologici, legati alla produzione di:

  • serotonina: definita ‘ormone del buonumore’, è un neurotrasmettitore che viene stimolato grazie alla luce del sole e produce una sensazione di piacere e benessere
  • melatonina: è un ormone che funge da ‘orologio biologico’ in quanto si attiva durante le ore notturne ed è il principale regolatore del sonno.

Quindi chi soffre di SAD risente maggiormente del cambio di stagione, perché tende a produrre elevate quantità di serotonina durante l’estate, diventando quindi insonne e maggiormente irritabile e a produrre nei mesi invernali maggiori quantità di melatonina, diventando più incline al sonno e a un peggioramento dell’umore. Inoltre, secondo alcuni studiosi, un’altra delle cause di tale disturbo sarebbero da ricercarsi, oltre ad una predisposizione a note depressive, anche a una corrispondente variazione neurochimica che comporta un rallentamento generale dell’attivazione dell’organismo e ad uno squilibrio nel metabolismo dei neurotrasmettitori. La SAD è quindi fortemente influenzata dall’ambiente: infatti chi vive al nord, dove le suddette stagioni sono più buie e fredde, soffre di questo disturbo in misura maggiore. Addirittura, alcuni esperti sostengono che l’alto tasso di suicidi, tipico dei paesi del nord Europa, sia in parte dovuto alla diffusione della patologia. Per attenuare gli effetti della SAD, si può ricorrere alla luminoterapia, ossia ad un’esposizione prolungata della luce fornita da lampade che riproducono lo spettro solare: noto è, infatti, il rapporto tra luminosità e stati umorali, e tali tipo di luce aiuta a ridurre la sofferenza di tale sindrome. Anche l’esercizio fisico si è dimostrato essere una forma efficace di terapia, mentre dal punto di vista farmacologico si sono invece mostrati efficaci soprattutto gli antidepressivi SSRI (inibitori selettivi del reuptake della serotonina). Utile, poi, può essere anche intraprendere un percorso di psicoterapia per aiutare la persona a identificare e ridimensionare i pensieri e i comportamenti negativi e ad apprendere nuove modalità salutari al fine di gestire meglio i sintomi. Ci sono degli accorgimenti che si possono adottare quali tecniche di meditazione e rilassamento, maggiore attività all’aperto, accorgimenti alimentare (es., limitare gli zuccheri) rendere il proprio ambiente più luminose e soleggiato.

Fenomeni analoghi sono collegati alla ventosità (anemopatie). È ormai accertato che il vento ha un effetto negativo sulle persone nervose; durante i periodi in cui soffiano certi venti (Fohn, Scirocco, Bora), sono stati riscontrati un maggior nevroticismo ed un maggior numero d’episodi di socialità negativa. Alcuni studiosi hanno rilevato, in occasione di certi venti, quali il Fohn, un aumento degli episodi di omicidi e di suicidi. Anche gli sbalzi di pressione atmosferica possono influire sulle condizioni fisiche e psicologiche, con effetti diversi su ipertesi ed ipotesi, determinando irritabilità, tensione e incapacità di concentrazione. Alcuni scienziati statunitensi,  Sanborn e Lyster in particolare, hanno perfino stabilito, sulla base di accurate ricerche, che la curva dei suicidi raggiunge la punta massima in primavera e quella minima in autunno, in maniera inversa, quindi, con l’andamento della pressione atmosferica. Berke e Wilson (1952) hanno osservato molti sintomi concomitanti con l’abbassamento della pressione, che vanno dalle cefalee, ai gonfiori delle articolazioni, ad una maggiore distrazione, fino all’abbassamento della libido. Viceversa, tutto si attenua se il barometro sale.

Oltre a ciò esistono alcune ossessione o paure legate a fenomeni meteorologici che comportano livelli di stress non indifferenti tanto da essere catalogati come fobie di cui non si sa bene la causa, una delle quali potrebbe essere legata a esperienze traumatiche in giovane età o ereditate dall’ambiente familiare. Possiamo catalogare queste fobie in 7 gruppi:

  1. L’astrafobia: è la fobia specifica di tuoni e fulmini, anche conosciuta come brontofobia o ceraunofobia. È una paura intensa e irrazionale, che può causare ansia, panico e altri sintomi fisici in chi ne è affetto;.
  2. Chionofobia è una paura irrazionale della neve, che porta ad ansia in condizioni di neve;
  3. Anemofobia è la paura persistente e sproporzionata del vento; questa fobia specifica può portare a un’ansia intensa e a comportamenti di evitamento in presenza di vento;
  4. Nefofobia è la paura delle nubi; è un tipo di fobia specifica, che si manifesta come un’angoscia irrazionale e intensa in presenza di nuvole;
  1. Lilapsofobia: paura specifica delle tempeste, in particolare dei cicloni tropicali, delle trombe d’aria e dei tornado;  i sintomi della lilapsofobia, come per altre fobie, possono includere attacchi di panico, difficoltà respiratorie, tachicardia, sudorazione e nausea;
  2.  Pluviofobia, conosciuta anche come ombrofobia, è la fobia specifica della pioggia. Le persone con pluviofobia possono provare un’intensa ansia e disagio quando si trovano in situazioni in cui potrebbe piovere o quando pensano alla pioggia. La pluviofobia può essere associata all’hidrofobia (paura dell’acqua);
  3. Homiclofobia o Nabulafobia è una fobia specifica, un’intensa e irrazionale paura di un oggetto o di una situazione specifica. Le persone che soffrono di homiclofobia possono provare un forte senso di ansia, terrore e panico quando si trovano in condizioni di nebbia. La paura può essere motivata da vari fattori, tra cui la ridotta visibilità che la nebbia comporta, il senso di isolamento e la percezione di pericoli nascosti. 

CONCLUSIONI

Come visto, è chiaro che il clima e le repentine variazioni dei parametri meteorologici hanno una marcata influenza sulla salute fisica e psichica dell’uomo. Sembrerebbe, quindi, che tutti, chi più chi meno, siano sensibili a tali eventi. C’è tuttavia da precisare che per le conseguenze più gravi i fenomeni meteorologici non danno mai se non l’ultimo tocco alla morbosità e alla mortalità; la vulnerabilità all’atmosfera presuppone un terreno propizio, una predisposizione, una fragilità particolare: è la classica goccia che fa traboccare il vaso. Il primo passo è, allora, quello di scoprire se si è meteoropatici. Attualmente esiste un semplice test messo a punto dal biologo olandese Tromp e dall’italiano Gualtierotti (metodo Gualtierotti-Tromp). Una volta individuata la sofferenza meteoropatica si prepara un preciso piano di difesa, a volte impegnativo. Ricordiamo che nei cambiamenti di clima è necessario un certo periodo perché l’organismo si adatti al nuovo tipo di clima: se è sufficiente una settimana per i soggetti sani, un periodo di 15 giorni potrebbe non bastare per chi soffre di scarsa reattività agli stimoli esterni. Altri soggetti, invece, potranno accusare una temporanea riacutizzazione dei loro sintomi abituali (crisi climatica) che di solito persiste per non più di 3-4 giorni. Ogni terapia climatica corretta, quindi, deve considerare anche queste caratteristiche dei pazienti. È stato fatto, in Italia, uno studio interessante sugli influssi delle variabili climatiche sulla personalità, in cui, tra l’altro, si è dedotto che il campione femminile è risultato più meteorosensibile di quello maschile, come anche gli anziani lo sono maggiormente rispetto ai giovani. Si è rilevato, inoltre, che questi due gruppi, donne ed anziani, hanno una maggiore tendenza ad informarsi sulle condizioni meteorologiche e sulla loro evoluzione rispetto agli uomini e ai giovani. Si è notato, infine, che le persone maggiormente meteorosensibili, sono più interessate alle informazioni sul tempo e che, nello stesso tempo, mostrano di essere più preoccupate della temperatura elevata che non del freddo, e più infastidite dal buio, dalla nebbia e dalle corte giornate invernali, mentre tra le persone meteorostabili prevarrebbero i temperamenti flemmatici ed apatici. Per coloro che NON soffrissero di patologie gravi, potrebbero mettere in atto qualche accorgimento, di seguito riportato:

COSA FARE

1)  coprirsi il capo quando c’è molto freddo o umidità;

2) quando si sente freddo, indossare il più possibile abiti di lana: la lana crea una barriera protettiva tra la superficie cutanea e l’ambiente esterno; anche gli ultimi ritrovati in microfibra, sembrano adatti allo scopo, risultando più leggeri, in termini di peso, e con caratteristiche di traspirabilità maggiore;

3) chiedere informazioni al Servizio Meteorologico Nazionale o Regionale sul tempo previsto e regolare, se possibile, il ritmo della giornata;

4)  scoprire il proprio bioritmo stagionale e cercare il più possibile di assecondarlo;

5) abituarsi agli sbalzi di temperatura alternando acqua calda e fredda quando ci si lava; se l’organismo non ne vuole sapere di reagire, cambiare aria e clima non appena possibile.

COSA NON FARE

1) Non riscaldare o raffreddare troppo gli appartamenti, gli uffici e l’automobile (4 – 5 °C max di differenza con la temperatura esterna sono più che sufficienti);

2) non indossare le sciarpe: l’irritazione, infatti, non viene dal collo, ma dall’aria che si respira; inoltre quando le si tolgono, lo sbalzo di temperatura è ancora maggiore;

3) non sottoporsi a repentini sbalzi di temperatura, come, ad esempio, entrare ed uscire dalle piscine o dalle palestre surriscaldate;

4) non imbottirsi liberamente di farmaci, ma seguire le prescrizioni del medico di fiducia.

Soprattutto, però, quello che bisognerebbe fare, è interrompere ogni tanto il ritmo innaturale di vita che sempre più conduciamo, visto che il corpo tende a seguire ritmi e cadenze della natura. Infatti, questi disturbi arrivano proprio al momento in cui il fisico sta cercando di adattare il proprio bioritmo interiore a quello della stagione. Per prendere le distanze dallo stile di vita della stagione precedente, ci vorrebbero 2 o 3 giorni di riposo e tranquillità; invece per la maggior parte delle persone l’obbligo di condurre una vita sempre uguale, indipendentemente dal clima, ci costringe ad uno sforzo continuo; la teoria del relax quando cambia il tempo trova piena corrispondenza nella medicina orientale, dove i mutamenti climatici sono considerati come gli unici veri fattori capaci di scatenare malattie.


Commenti

Una risposta a “METEOROPATIA: I DISTURBI DA “TEMPO”- 2”

  1. Avatar Teodoro Georgiadis
    Teodoro Georgiadis

    Molto bello anche questo pezzo. Qui si vince anche una problematic relativa alla rigenerazione urbana: oggi si propongono tappezzanti (erbacee) per rinaturalizzare la città. Il problema è che in grande parte le tappezzanti sono graminacee.

Rispondi a Teodoro Georgiadis Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *