La carbonara

Tutti i piatti tradizionali hanno una storia, ma tra le più curiose e dibattute c’è sicuramente quella relativa alla pasta alla carbonara. Qual è la sua origine? È nata veramente a Roma?

Non esiste una ricetta originale, ma una ricetta che ha subito trasformazioni nel tempo fino ad arrivare a quella “DOP” romana e alla quale non si transige. Diciamo subito che non esistono progenitori della carbonara che vadano oltre i primi decenni del ‘900. Il racconto di umili e operosi pastori (o carbonai) che dalla notte dei tempi riempiono la gavetta di spaghetti conditi con uova, guanciale e pecorino è tanto affascinante quanto antistorico. Ciò lo afferma Guido Mori, docente della Università della Cucina Italiana di Firenze. La prima ricetta della carbonara in Italia viene pubblicata nel 1954 su una rivista specializzata (La Cucina Italiana).  Tra gli ingredienti: aglio, pancetta, groviera, uova e pepe, completamente differente da quella che conosciamo noi. In realtà, partendo dai ricettari storici, si può incontrare il primo esempio di associazione tra uovo e pasta ne “Il cuoco galante” del napoletano Vincenzo Corrado, stampato nel 1773, seguito dalla “Cucina teorica-pratica” del conterraneo Ippolito Cavalcanti, ma erano preparazioni lontane anni luce dal concetto di carbonara attuale. A compiere un deciso passo in avanti è invece Francesco Palma, un altro napoletano, che descrive ne “Il principe dei cuochi” del 1881 i Maccheroni con cacio e uova, in cui riunisce formaggio, uova e sugna, in un piatto di maccheroni. L’utilizzo di lardo o guanciale come condimento per la pasta viene invece registrato dai ricettari solo molto più tardi.

la ricetta della carbonara sulla rivista “La cucina italiana” del 1954

Una curiosità: la prima  volta che si sente parlare di carbonara è in un film (bella cameriera offresi) del 1951, mentre la prima ricetta della carbonara pubblicata in assoluto è stata nel 1952 negli Stati Uniti in una  guida dei ristoranti di un distretto di Chicago dal titolo “An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side” di Patricia Bronté. Nel 1955 la carbonara entra  per la prima volta in un ricettario vero e proprio, “La signora in cucina” di Felix Dessì in una versione più simile a quella odierna, con la presenza di uova, pepe, parmigiano (o pecorino) e pancetta. Ma la definitiva consacrazione a ricetta nazionale avviene con la pubblicazione nel ricettario di Luigi Carnacina “La grande cucina” del 1960. Per la prima volta viene introdotto il guanciale di maiale, in sostituzione della pancetta, però si introduce anche la panna che sarà spesso presente nella ricetta fino alla fine degli anni ’80 anche con quantità non trascurabili (come nella versione di Gualtiero Marchesi del 1989 che ne consiglia un quarto di litro su 400 g di spaghetti!).

La 1° edizione de “La grande cucina” di L. Carnacina -1960

Nei suoi primi quarant’anni di vita, oltre alla panna, ci sono state altre contaminazione da parte di chef differenti con altri ingredienti che trovano il proprio spazio nella ricetta, come vino, aglio, cipolla, prezzemolo, peperone, pepe e peperoncino, dimostrando un’estrema variabilità della composizione. Nelle versioni della carbonara degli anni ’90 tutti questi ingredienti verranno eliminati consentendo l’affermazione lenta, ma costante, dei tre ingredienti classici che oggi tutti conoscono: uovo (con una netta prevalenza del tuorlo), pecorino e guanciale con l’aggiunta più o meno abbondante del pepe. Sulla origine del piatto così come lo conosciamo oggi, o quasi, a parte l’escursus storico precedente, io sapevo risalissero alla II guerra mondiale, quando gli alleati entrarono in Roma (1944). Ma anche qui ci sono versioni differenti tanto per accrescere la “mitologia” del piatto. Sicuramente è una combinazione tra le razioni militari degli alleati statunitensi e l’inventiva culinaria italiana che ha combinato il gusto americano, uova e bacon, con la pasta condita con il formaggio e pepe.

Una versione  narra di un certo Renato Gualandi,  giovane cuoco di origine bolognese, che fu ingaggiato il 22 settembre 1944 per preparare un pranzo in occasione dell’incontro tra l’Ottava Armata inglese e la Quinta Armata americana nella Riccione appena liberata. Facendo di necessità virtù, creò inconsapevolmente un piatto destinato a diventare famoso in tutto il mondo: “Gli americani avevano del bacon fantastico, della crema di latte buonissima, del formaggio e della polvere di rosso d’uovo. Misi tutto insieme e servii a cena questa pasta ai generali e agli ufficiali. All’ultimo momento decisi di mettere del pepe nero che sprigionò un ottimo sapore”. In seguito, raccontò che divenne cuoco delle truppe alleate a Roma dal settembre del ’44 all’aprile del ’45 e questo periodo fu sufficiente per diffondere la fama della carbonara nella Capitale. Ovviamente il racconto della carbonara inventata a Riccione nel 1944 da un cuoco bolognese usando le razioni dell’esercito americano, ha generato diverse perplessità, soprattutto perché nella sua biografia – scritta recentemente – in realtà non parla affatto di tutto questo.

Renato Gualandi, il possibile inventore della carbonara

Un’altra versione narra che i soldati americani, durante la Seconda Guerra Mondiale, assaggiarono la pasta “cacio e ova” abruzzese preparata dai carbonai (carbonari in romanesco) nel territorio dell’Aquilano e da qui potrebbe nascere anche il nome “carbonara”. Da lì, aggiungere il guanciale venne quasi naturale, anche per la zona in cui la ricetta veniva realizzata e, forse, anche la pancetta affumicata, il famoso bacon, importato direttamente dagli Stati Uniti.

Ma c’è anche chi attribuisce la nascita della carbonara a Napoli. Il periodo è sempre lo stesso, siamo nel 1944. Le truppe americane amavano il “cibo da strada” che a Napoli servivano sulle bancarelle, quello che oggi chiameremo “street food”. Amavano la tipica pizza a portafoglio e degli spaghetti cotti velocemente e conditi con cacio e pepe. Sembra che un giorno, un soldato americano, trovando insignificante quel piatto di spaghetti, ci aggiunse la cosiddetta “razione K”, composta da uova in polvere, pancetta e panna liquida. Una ricetta che oggi fa rabbrividire, ma che potrebbe essere proprio l’antenata della nostra amata antenata. Da quella ricetta poco equilibrata e molto americana, i napoletani lavorarono sugli ingredienti e nacque la carbonara. Presto la ricetta si diffuse a Roma che la fece sua, l’adottò a tutti gli effetti rendendola “un mito”, tanto da celebrare il “carbonara day”, istituito nel 2015, il 6 aprile di ogni anno.

A me piace pensare che sia stato proprio un oste romano, non so chi, che, per festeggiare l’entrata in Roma degli alleati, combinò in un piatto di pasta gli ingredienti forniti dagli yankees (bacon) con quello che aveva a disposizione e che già cucinava (cacio e pepe) con l’aggiunta delle uova (e forse di un po’ di crema di latte condensato) sempre su input americano. Un piatto energetico, calorico e proteico idoneo in quel periodo in cui la fame regnava ovunque e che piacque così tanto da esportarlo negli USA e ciò spiega anche il perché la prima ricetta fu pubblicata a Chicago.

Le versioni attuali sia in Italia che all’estero, sono molteplici, con molte varianti. Un’indagine commissionata dai Pastai di Unione Italiana Food ha analizzato quelle presenti sul social e sul web nel mese di marzo: oltre 4.600 i contenuti tracciati con l’hashtag #carbonara, in più di 20 differenti lingue, per un totale di oltre 4,5 milioni di visualizzazioni. Il risultato? In tutto il mondo, nel 36% dei casi si tratta di ricette che è quasi azzardato chiamare Carbonara, il 61% sono fedeli alla ricetta così come la conosciamo oggi, o introducono minime variazioni sul tema (4%). In Italia  7 italiani su 10 conoscono gli ingredienti necessari, ma non mancano di avventurarsi in reinterpretazioni più o meno spericolate.

Negli anni ’90 sono state redatte 7 regole “ferree” che devono essere seguite per avere una carbonara “DOP”, a regola d’arte:

1. Cottura sbagliata della pasta: deve essere al dente, mai stracotta

2. Sostituire il guanciale con la pancetta. Sono da bandire anche striscioline di prosciutto crudo, cotto, speck, lardo o simili. Ingredienti di tutto rispetto, per carità, ma che non hanno nulla a che fare con la carbonara

3. Aglio e cipolla? Non sono da usare entrambi, chiariamolo una volta per tutte

4. Aggiunta di panna: rabbrividire è il minimo. Guai a mettere la panna nella carbonara e se lo fate, non chiamatela carbonara. L’unica cremina che condisce la carbonara è quella create dall’unione di tuorli d’uovo e pecorino romano.

5. Sostituire il pecorino con altri formaggi: il pecorino romano è il grande protagonista nella carbonara, qualcuno può scegliere di smorzarlo – per gusto proprio – con del parmigiano o con del grana, ma guai a sostituirlo con altri formaggi non definiti.

6. Uovo strapazzato nella pasta: avete mai visto quelle carbonare con frittatina spezzettata all’interno al posto della gustosa cremina? La mantecatura non va sbagliata. Il mix di tuorli e pecorino va unito solo dopo aver scolato e tolto dal fuoco la pasta

7. Uso di peperoncino o spezie varie: sulla carbonara va solo una macinata di pepe. Vietato l’uso di qualsiasi altra spezia.

Personalmente, sul punto 2, sarei più elastico, anche in considerazione del fatto che in origine era il bacon l’ingrediente, ma sarei tollerante anche con lo speck, versione provata, che risulta essere persino più gustosa e meno grassa. Mi risulta invece difficile la dicitura “carbonara” di asparagi, di mare, etc….Sono altri piatti, ma non chiamateli “carbonara” (come il risotto alla milanese non è “milanese” solo perche c’è lo zafferano, ma lo è in quanto implica una preparazione e degli ingredienti precisi, con una certa tolleranza limitata ad alcuni tipi di carne).

Comunque è uno dei piatti più gustosi con pochi ingredienti, ma che devono essere di qualità e amalgamati con sapienza e nei tempi giusti. Sembra un piatto facile, ma non lo è, e sbagliare è un attimo.

Buon appetito….con gusto!

La carbonara di Andrea Sabbatini…un meteo con gusto.

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